L’ex attaccante e dirigente sportivo elogia lo staff orobico che, lavorando nell’ombra, ha saputo portare la Dea sui palcoscenici internazionali
Ariedo Braida, direttore generale del Milan dal 1986 al 2002, poi direttore sportivo della società milanese fino al 2013, a L‘Eco di Bergamo ha racontato come giudica l’Atalanta di mister Gasperini e le sue mosse sul mercato: “L’Atalanta è ormai una realtà. Lo conferma il suo modo di giocare, consolidato. Accettando l’uno contro uno nella propria metà campo, alzando i terzini, logico che si rischia. Ma in cambio si ottiene la superiorità numerica. E, appunto, è la mentalità delle grandi squadre”.
DEA DA SCUDETTO. “Premessa: vedo una Serie A ben più incerta delle scorse stagioni. In pista ci sta pure l’Atalanta, se non perde i pezzi al mercato (ma non credo)”.
MIRANCHUK. “Sì, l’ho visto. Mi era parso un buonissimo centrocampista, molto strutturato. L’avrei preso anch’io. Per me, è uno che arriva da dietro, più centralmente che lateralmente. Poi bisogna vedere come l’imposta l’allenatore. Paragoni è sempre difficile farne. Se dovessi fare un nome, azzarderei che può stare sul campo un po’ tipo Pasalic”.
ROMERO. “Anche questo è un buon giocatore, come ha dimostrato nei due anni al Genoa. Però va messo alla prova perché ha sempre giocato un po’ più protetto di quanto forse sarebbe all’Atalanta. Con Gasperini, si sa che la difesa è il reparto più esposto. Ma torniamo al concetto di prima della grande squadra”.
SARTORI. “Sartori ha l’occhio. Che poi, se uno per mestiere va in giro a vedere calciatori, dovrebbe essere la dote fondamentale. Poi c’è chi cerca visibilità e chi preferisce lavorare nell’ombra. Sartori fa parte della seconda categoria”.
DEA QUASI PERFETTA. (…) “E la società è stata quasi perfetta. Dico “quasi” perché la perfezione non esiste. Il presidente Percassi, il direttore sportivo Sartori, l’allenatore Gasperini costituiscono un tutt’uno, che sta dando i risultati sotto gli occhi di tutti (…)”.