Il capitano dell’Atalanta, perdente nello scontro col suo allenatore, ormai viene preso di mira qualunque cosa scriva o faccia. I tifosi, persi nella dietrologia, sembrano averlo già salutato

Oddio, eccolo che adesso canta pure l’inno della Juventus. Orrore. Tradimento. Canticchiato, a dire il vero. Adesso ha praticamente detto dove vuole andare. Poco importa se poi entra in campo da riserva, pur con la fascia sfilata dal braccio destro di Remo Freuler, in assenza dell’acciaccato Rafael Toloi capitano facenti funzioni, e pure nel mega rimpallo sulla trequarti che proietta al gol del pari proprio lo svizzero. Niente da fare, i tifosi non gliene perdonano mezza, anche se solo il Cielo sa che cosa avrebbe combinato stavolta Alejandro Gomez detto Papu, perdente nello scontro di fuoco col suo allenatore Gian Piero Gasperini. I contestatori da tastiera hanno perfino già deciso che anche il segno del primato gli andrebbe tolto, oltre a sfilargli di mano l’Atalanta stessa.

IL PAPU E LA DIETROLOGIA DEI TIFOSI. Gli aficionados, scossi dalla lite in campo – visibile e udibile urbi et orbi – e quella nello spogliatoio del primo dicembre contro il Midtylland, sempre per la solita solfa del rifiuto del numero 10 ad allargarsi a destra, non gliene stanno proprio facendo passare mezza. In rete, fin dalla pubblicazione su Instagram delle dannatissima story delle verità da rivelare una volta toltosi di dosso il nerazzurro, quasi tutti gli hanno dato contro, senza pietà, gettando alle ortiche il briciolo di riconoscenza dovuto al più grande giocatore degli ultimi sei anni, due dei quali passati con Gian Piero Gasperini ancora al Genoa fino a prova contraria. Lui no, era già qui, a smazzarsi le impervie via della salvezza, tra le poche vedette di una squadra che non assomigliava certo allo squadrone di adesso, costruito pezzo dopo pezzo coi soldi delle plusvalenze. Dietrologia su dietrologia, la medesima rinfacciata all’interessato e (vedi sotto) non solo, perché la colpa dev’essere senz’altro anche dei giornalisti, accuse su accuse di infantilismo e di teatrino: per chi lo elevava a idolo o addirittura a mito adesso il Papu è sceso proprio di manica.

IL TEATRINO DEL (SUL) CAPITANO. Fa così perché vuole andarsene, si leggeva non appena apparsa quella doglianza di non potersi difendere, visto che a lui la parola è sempre stata negata e da contratto soltanto la società che lo assolda può concedergliela. Figurarsi se lo fa nel bel mezzo di una bufera, tra parentesi. La cosa più divertente dell’ultimo gesto poco apprezzato è che l’averlo solo messo in evidenza, non bastasse che l’ha visto chiunque in diretta tv, è costato ai giornalisti e alle testate, compresa la nostra, lo stesso dito puntato contro il re detronizzato della Bergamo del pallone: guai a parlare di verità o anche solo a mostrarla, è destabilizzante, crea zizzania. Chissà come dev’essere successa ‘sta cosa che il giornalismo non dovrebbe occuparsi dei fatti, anzi negandoli. La verità di un Papu che intona il refrain dell’avversario di turno, forse scherzosamente o forse perché semplicemente gli andava di farlo, se non altro sembra avergli fatto riguadagnare un po’ di affetto e di considerazione da parte di chi l’aveva scaricato frettolosamente. A prezzo di attacchi e insulti a chi rileva i fatti facendo il proprio mestiere. Pazienza. Quello di chi giudica senza saperne alcunché dev’essere comunque molto complicato. Quanto un teatrino, appunto. Dell’assurdo.