L’Atalanta ormai ha punti di riferimento fissi, tanto che il turnover di solito si fa coi cambi. Ma cambiare pagherebbe?

Il momento di tirare i dadi è sempre in agguato. Ademola Lookman e José Palomino sono, rispettivamente, a forte rischio e out al cento per cento. La Juventus a pranzo il giorno di festa. Quindi, di settimana in settimana perché gli infrasettimanali sono finiti con lo Spezia, la Salernitana, il Verona, l’Inter e per chiudere il Monza. Tre su cinque al Gewiss Stadium, una base di partenza mica male a ruota del secondo trittico di bottini pieni stagionale, Roma-Torino-Spezia, a immagine e somiglianza del Verona-Torino-Monza dalla terza alla quarta di andata, buono a proiettare in vetta solitaria l’Atalanta per la prima e unica volta in un’annata mai sotto il settimo posto. I titolarissimi si sono ritrovati tutti in forma smagliante, da Mario Pasalic ai due colombiani Duvan Zapata e Luis Muriel. Ma ci sono energie a sufficienza per proporre sempre la formazione coi big dello spogliatoio per le cinque giornate del rush finale verso l’Europa purchessia?

IL TURNOVER NEL RUSH FINALE. La parolaccia turnover è quasi espunta dal vocabolario italiano-Gasperini, ma il condottiero più risultatista che giochista ammirato nella seconda metà del girone di ritorno vi fa ricorso abitualmente durante le singole partite. Come? Dando mano e fondo alla panchina. La logica è quella dei sedici titolari intercambiabili, ma i fatti del campo raccontano altro. Ad esempio che le azioni del nuovo fenomeno Rasmus Hojlund, anche sul piano fisico, sono in ribasso. E che a fronte di un Davide Zappacosta stratosferico c’è un Rafael Toloi palesemente sfinito dagli impegni prolungati. Tanto da essersi fatto banalmente soffiare palla da Shomurodov per la riapertura delle speranze in quota Aquilotti con Bourabia. Che fare, allora?

GARANZIE IN RISERVA. Inutile nasconderselo, se un Brandon Soppy qualunque, leggi l’investimento estivo quasi da doppia cifra, una delle nuove sensazioni in tema di pendolino a tutta fascia, deve fare da cambio al secondo minuto di recupero, allora le alternative pronte ad alzarsi dal sedile non vengono considerate pronte a calarsi l’elmetto dal calcio d’inizio dallo stesso responsabile tecnico. Uno che li vede tutti in allenamento, sempre al riparo da occhi indiscreti, e sa sicuramente il fatto suo. Se Caleb Okoli non vede la luce da quel 13 novembre premondiale con l’Inter, qualcosa vorrà pur dire. E infatti un difensore di quella possa, se non gioca, fisicamente poi non è in condizione: come se l’è stortata la caviglia per rimanere tre volte di fila fuori dalla lista dei convocati, se non scende mai in campo test (ormai esauriti) a parte? Parola ai veterani, dunque, al netto di Giorgio Scalvini, anche lui capace di segnare il passo perdendolo sulla traiettoria dell’uzbeko involontariamente prolungata per la combinazione Bastoni-Gyasi che, diciamocelo, il cagotto un po’ l’ha fatto venire. Un Merih Demiral dietro per far riposare il capitano, ogni tanto, no? Al campo e a Gian Piero l’ardua sentenza.