L’Atalanta, una multinazionale calcistica, con Giorgio Scalvini e Matteo Ruggeri, i match winner di Lisboa, ha confermato l’anima a metà tra la vocazione internazionale e la prmozione obbligata dei talenti del vivaio fatto in casa. Ne è convinto Il Giorno, che oggi dedica il focus alla doppia via seguita fin dal secondo anno dell’era Gasperini per la costruzione di squadre sempre con la garanzia del rendimento e della crescita.
La multinazionale bergamasca
Anche se in rosa ci sono giocatori da ogni angolo del pianeta, la Dea ha sempre dato priorità ai giovani di casa propria. Il risultato è un elenco impressionante di talenti, da Papu Gomez a Ilicic, e ora, ai giorni nostri, Koopmeiners, De Ketelaere e Lookman. Ma tra questi nomi risplendono sempre quei giovani cresciuti a casa, come il braccetto ventenne e il laterale mancini ventunenne, che condividono buona parte della transizione tra il settore giovanile e la prima squadra.
Scalvini e Ruggeri, percorso comune
La politica dell’Atalanta di investire sui giovani è evidente nei sette anni sotto la guida di Gasperini. Scalvini e Ruggeri, quest’ultimo nonostante l’avantindré con la Salernitana, ne sono esempi lampanti. Nel 2020, a 18 anni, lo zognese all’esordio in Champions contro il Liverpool, mentre per il palazzolese la ribalta è l’Europa League contro il Leverkusen e il Lipsia. Due gemelli diversi dal percorso simile, cresciuti in nerazzurro rispettivamente dai 12 e dai 9 anni, con debutti di lì a un passo l’uno dall’altro. 9 su 9 da titolare è la vittoria di Ruggeri, ma anche dell’anima bergamasca di una multinazionale del pallone impossibilitata a staccare il cordone ombelicale col territorio.
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