C’era una volta Alemao, il napoletano onorario che si bergamaschizzò per un biennio tra alti e bassi anche di squadra, leggi retrocessione in cadetterìa, riuscendo a far dimenticare il meno commendevole degli episodi. Ricardo Rogerio de Brito, brasiliano del Minas Gerais dall’aspetto crucco come il suo soprannome, in campo faceva la cabeça-de-área come Falcao ma con la grinta ante litteram di un Gattuso e un fisico solidissimo. Oggi, mercoledì 22 novembre, memore delle 42 presenze nerazzurre condite da un paio di reti, festeggia quota 62 con l’anagrafe.
Alemao, quello della monetina
Sul campo, settimo posto con Marcello Lippi in panchina nella stagione 1992-1993 e inglorioso ultimo nella successiva, quando la coppia Andrea Valdinoci-Cesare Prandelli subentrò al troppo avveniristico Francesco Guidolin provocando (tra 19 e 23 febbraio ’94) il cambio della guardia alla proprietà-presidenza di Antonio Percassi con Ivan Ruggeri. Alemao resta comunque inscindibile dall’episodio infausto che l’8 aprile 1990 fece da viatico, tramite sconfitta a tavolino dell’Atalanta, al secondo scudetto del Napoli maradoniano.
I 62 anni di una leggenda
Una parabola professionale onoratissima, e non solo nel Belpaese. Cresciuto nel Fabril, diventato adulto nel Botafogo e sdoganato in Europa dall’Atletico Madrid, vinse al battesimo del fuoco coi Ciucci di Ottavio Bianchi, Maradona e Careca la Coppa Uefa segnando nella finale di ritorno a Stoccarda. In bacheca, al netto del tricolore, la Supercoppa Italiana (1990), la Coppa CONMEBOL (1994), la Recopa Sudamericana (idem) e la Coppa Master di Coppa CONMEBOL (1996). Mettiamoci pure la Copa America in verdeoro, conquistata nell’edizione di casa (’89) insieme ai castigamatti Bebeto-Romario, Taffarel, Branco, Tita, Silas e Pluto Aldair. Non è mica vero che il ct, l’oriundo di Vigolo Sebastiao Lazaroni, quello della “partitaccica” e del fallimento fiorentino, fosse poi così scarso.
L’Alemao atalantino
Alla fine della sua carriera italiana, prima di tornarsene a svernare in patria con San Paolo e Volta Redonda ritirandosi a quota 36, a Bergamo ci venne a giocare e a vivere, in Città Alta, in via San Lorenzo, laddove il viale delle Mura s’inerpica verso la Corsarola, di fronte a Porta San Giacomo. Eppure all’ombra della Maresana, al “Comunale”, era sempre e comunque il sinonimo di un mezzo imbroglio, la monetina da 100 lire tirata (pare) dalla Curva Nord che annullò le distanze del suo Napoli – allenato da Albertino Bigon – col Milan. 8 aprile del 1990, minuto 32 del secondo tempo, un occhialetto noioso in maglia rossa contro gli uomini del Mondo, venne caldamente invitato a restare a terra dal massaggiatore Salvatore Carmando, detto Sasà ‘a vecchiarella. Il resto è storia, tra le fanfaluche del presidente Ferlaino che asserì di non essere stato riconosciuto in ospedale dal giocatore, prontamente sostituito da un Gianfranco Zola alle prime armi, la vittoria a tavolino da regolamento dell’epoca e le prove tecniche di getto di valuta metallica (da parte dei figli) a Villa San Martino rivelate a posteriori del patron milanista Silvio Berlusconi.
Alemao in cifre
Il buon Ricardo non era un fenomeno. Però era bravo. 133 partite e 14 gol in azzurro in riva al Golfo, dove conobbe anche Albertino Bigon in panchina. 42 (2 in Coppa Italia) e 2 (uno decisivo nel 2-1 a Udine del 18 aprile ’93, il primo pari nel 2-2 nella tana della Roma il 23 maggio) in nerazzurro nel biennio 1992-1994. Dove conobbe all’inizio un successo baciato dai gol di Ganz e dalla fatica lì nel mezzo dei muli come lui, Bordin, De Agostini (Stefano) e Minaudo. Dalla cacciata di Guidolin, la messa ai margini, fuori rosa, accusato di simulare dolori al ginocchio sinistro per non allenarsi. Assurdo, col senno di poi, colare a picco in B col campione d’Europa marsigliese Franck Sauzée, tra gli altri. Un bravo professionista e un onest’uomo, Ricardo, che non voleva saperne di mollare l’amatissima numero 5, e di quel fattaccio non si pentì mai perché sì, aveva ceduto alla ragion di stato, l’aveva ammesso il giorno della presentazione. Anche se trauma cranico non era, ragazzi, che male cane a quel cuoio capelluto su cui ben presto avrebbe fatto capolino una chierica che levati, non più coperta dai ricci fluenti da tedesco onorario. Auguri, campione.
C’ero 🙈🙈🙈💙🖤
Mio gemello, stesso giorno mese e soprattutto anno, anche io c’ero in curva nord e la sceneggiata è stata architettata da Carmando, che gli diceva: stai giù stai giù. Cmq auguri Rocia
Ero presente in curva sud
Carmando pezzo di m…a🖤💙
io c’ero ⚫🔵
auguri anche da Guidolin
Sceneggiate napoletane (in) degne di Mario Merola !
Io c’ero quel giorno