“Quando abbiamo cominciato a vincere, qualificandoci in Champions, abbiamo dato fastidio. Perchè abbiamo tolto qualcosa a qualcuno, se non molto“. Gian Piero Gasperini, in una lunga intervista per Radio TV Serie A su RDS, tra i temi principali ha parlato del rapporto tra l’Atalanta e le big.

“C’è anche chi si è chiesto se era giusto fossimo lì – ricorda il tecnico nerazzurro alludendo all’ex presidente juventino Andrea Agnelli. – Non possiamo competere con le grandi, che vincono facendo deficit. Noi dobbiamo valorizzare per poi investire: vendere calciatori. Fortunatamente qui ho dirigenti fenomenali, che piazzano calciatori a prezzi prima impensabili“.

Il Gasp traccia il solco tra la sua prima Dea, la migliore di tutte e l’attualità. “Siamo arrivati a due minuti dal traguardo, quando avevamo in mano la semifinale di Champions contro Mbappè. Poi si fece male Freuler e prendemmo due gol in due minuti. Allo Scudetto siamo stati vicini nell’anno del Covid, che ci costrinse a giocare senza il nostro pubblico ad Amsterdam e Liverpool. In compenso, in quel periodo sapemmo regalare un sorriso e forse la speranza alla gente. Ilicic, in quel momento, si isolò da tutto e tutti. Soffriva per il fatto di stare lontano dai propri affetti, andai a trovarlo in ospedale ed era dimagrito 10/12 kg”.

A proposito, sul tanto chiacchierato rapporto con la proprietà: “È un grande rapporto, di rispetto reciproco. Ogni tanto possono sorgere divergenze di vedute sul calcio, AI calciatori che arrivano si chiede di integrarsi subito in un ambiente che richiede certi valori etici e di comportamento. Il campo, la tecnica e la tattica vengono dopo”.

C’è tutto l’orgoglio del maestro di pallone che si racconta senza filtri. “Ormai sono all’ottavo anno qui. Sono stato anche vicino alla Nazionale: Lippi mi chiamò, ma la panchina la prese Ventura. Fare 500 punti nel massimo campionato, con una squadra che a malapena ne sfiorava 50 a stagione, è un grande traguardo. Trofei? Quello più avvicinabile è la Coppa Italia, che infatti abbiamo sfiorato due volte”. 

“Bergamo ha un grande senso di appartenenza e un legame speciale con la sua squadra di calcio – chiude Gasperini -. Io cerco sempre di migliorare, ma poi per mantenerci dobbiamo vendere. L’ultimo è stato Hojlund, all’inizio furono i giovani del vivaio: Kessie, Conti e Gagliardini. A Bergamo, però, allenerebbe chiunque: è un bell’ambiente e non ti mette pressione. Il Papu? Merita di tornare qui per il saluto, che non ha potuto avere per colpe non sue“.