Le società vorrebbero una riduzione del 15% degli ingaggi per il periodo di inattività, l’Assocalciatori fa opposizione
I calciatori sono visti come una categoria molto fortunata e specialmente se si parla di Serie A è così, ma sono, di fatto, dei lavoratori dipendenti e in questo periodo in cui l’allarme coronavirus la fa da padrone, i tagli ci saranno anche nel dorato mondo del pallone, come in tutti i settori produttivi. Coi campionati fermi fino a chissà quando, i club devono fare i conti con una drastica riduzione delle entrate e così ecco che si fa sempre più concreta la possibilità che venga applicato un taglio del 15% agli stipendi dei giocatori.
Una decisione che, ovviamente, non piace ai calciatori e all’AIC. Come riposta il Corriere dello Sport, i club potrebbero valutare il taglio o la riduzione dei pagamenti per il periodo di inattività oppure adottare misure-tampone come le ferie. La rinuncia a due mensilità da parte di tutti i calciatori di Serie A porterebbe a un risparmio di circa 230 milioni senza contare la B e la C. In termini pratici, la Juventus risparmierebbe circa 50 milioni (netti), l’Hellas Verona circa 4,5 milioni. Attenzione: quelle che abbiamo dato finora sono tutte cifre nette.
L’Assocalciatori, tramite le parole del vice presidente, Umberto Calcagno, prende tempo sulla materia: “Abbiamo bisogno di sostegno da parte del Governo. Il calcio paga un miliardo di tasse allo Stato. È importante che qualcosa, in un momento del genere, venga restituito per aiutare il sistema. Tutta la federazione viaggia compatta su questo fronte“. Marco Tardelli, candidato alla presidenza AIC, è ancora più netto: “Non credo sia obbligatorio chiedere ai calciatori di decurtarsi lo stipendio e non è giusto imporlo, ma rinunciare a qualcosa potrebbe essere un segnale di vicinanza per i tifosi e per i cittadini che soffrono“.