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Guerini, da Antegnate con Toloi come modello: “Mi ispiro a lui per essere un buon capitano”

Alla scoperta dell'antegnatese Alessio Guerini, un bergamasco che ha raggiunto un traguardo importante e vuole continuare a sognare

Due assist (il gol, invece, alla Spal, in Coppa Italia) col contagiri in trasferta al bomber Vanja Vlahovic, per il 2-0 al Genoa e il primo dei due gol a Monza, ed ecco riaffiorare il passato. “Facevo il centrocampista, sì. Ma nel calcio moderno il difensore deve avere la tecnica per impostare: la costruzione dal basso è sempre più importante”. Parola di Alessio Guerini, braccetto destro della Primavera dell’Atalanta con la fascia al braccio che se deve trovare un esempio lo cerca ai piani alti di Zingonia: “Io, nel mio piccolo, cerco di esserlo per i compagni più giovani, dando consigli e se serve caricandomi la squadra sulle spalle. Il mio punto di riferimento personale non può non essere Rafael Toloi – spiega il diciannovenne di Antegnate col 18 sulle spalle -. Mi piace perché ha i piedi buoni, difende molto bene, spinge tanto e imposta. Mi ispiro a lui, appunto, perché è il prototipo del centrale moderno. E anche per il suo modo di essere capitano.

Capitan Guerini e il metro di paragone

Già, le insegne del comando. “Essere capitano dell’Atalanta, da bergamasco, è un grandissimo onore. Cerco di dare sempre il massimo, a partire dal lavoro settimanale. Sono tra i più anziani e i più esperti, tra i miei compiti c’è anche agevolare l’inserimento in gruppo”. Un ruolo da chioccia rivestito ancor più volentieri col conterraneo Gabriel Martinelli, pescato l’estate scorsa dagli ineffabili scout nerazzurri alla Virtus CiseranoBergamo: “Lui è di Pumenengo, a 6 chilometri da casa mia, entrambi della Bassa Orientale. Ci conoscevamo di vista già prima, ma adesso è nata e si è consolidata una bella amicizia: andiamo sempre insieme agli allenamenti. Sono le belle sorprese e i valori fondamentali che il calcio ti riserva e ti insegna”, assicura Alessio, nativo di Brescia ma antegnatese d.o.c., cresciuto a pane e pallone da papà Omar che gli allestiva una mini porta in salotto.

Da Antegnate con passione

Guerini, fuoriquota (11 giugno 2004) a livello Under 19 secondo i regolamenti attuali, anche se dalla prossima stagione la Primavera potrebbe essere trasformata di fatto in Under 20, pensa e calcia l’attrezzo di cuoio da atalantino praticamente da quando ha imparato a leggere e scrivere. “Di fatto, dopo aver dato i primi calci all’oratorio del paese, la prima maglia nerazzurra l’ho indossata a 6 anni. Il mio primo provino risale al 2010, una vita fa”. Il futuro, nelle intenzioni e nelle speranze gueriniane, vorrebbe essere ancora a tinte nere e blu: “L’Under 23 è un bellissimo progetto e anche lo sbocco naturale per noi del settore giovanile. La sua funzione è diminuire il gap tra Primavera e prima squadra. Quindi, perché no? Ne sarei felicissimo”.

A lezione di Atalanta

Guerini è consapevole che dai settori giovanili al professionismo il salto è doppio e spesso carpiato. Ne può parlare per esperienza diretta: “Ho fatto il ritiro estivo precampionato con la prima squadra tranne l’ultimo giorno, riaggregandomi poi alla Primavera. I giocatori della prima squadra hanno una marcia in più, vanno a velocità doppia anche quando si allenano. Mi hanno accolto tutti bene e, se devo fare un nome, chi mi ha impressionato sotto tutti i punti di vista è Ederson. Una forza della natura, che spinge tantissimo senza fermarsi mai: fortissimo”. Domanda finale da dentro o fuori: meglio difendere a tre o a quattro? Risposta quasi scontata: “A tre posso giocare palla e calpestare zone del campo più offensive, alla Toloi, appunto. Ma quando si è giovani e si sta studiando da professionisti bisogna adattarsi a più sistemi di gioco. Anche il mio compagno Pietro Comi ha fatto il centrocampista e ora gioca in mezzo a tre. Da difensori centrali moderni che costruiscono dal basso”.

Photo credit atalanta.it

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