Il regista bergamasco Davide Ferrario, che vive a Torino, è stato forse l’unico tifoso atalantino in mezzo a quasi mille granata. Distanziato e sotto gli occhi degli steward: un calcio da Orwell
Solo in mezzo a quasi mille granata, ma distanziato e in mezzo a un tale silenzio da sentirsi fuori luogo e fuori posto. Tanto da iscriversi al partito del “nessuno o tutti”, quello della Curva Nord dell’Atalanta. Nel suo editoriale sul Corriere della Sera di Bergamo, il regista bergamasco Davide Ferrario, che vive a Torino, ha descritto il proprio straniamento da spettatore di un calcio da Orwell in tribuna allo Stadio Olimpico Grande Torino, da privilegiato percettore di un biglietto arrivatogli alla vigilia tramite sponsor.
IL REGISTA-TIFOSO E IL CALCIO DA ORWELL. Un tifoso isolato e osservato dallo staff, in un silenzio irreale che faceva sentire a tutti la voce del telecronista: così ha scritto di essersi sentito Ferrario, atalantino sfegatato in astinenza dall’ottavo di andata di Champions League il 19 febbraio scorso contro il Valencia. Gli è sembrato di assistere da guardone a uno spettacolo proibito, per pochissimi, e per di più guardato a vista come un potenziale contaminatore, con gli inservienti piazzati perfino ai bagni per igienizzare le mani in entrata e in uscita.
DAL VALENCIA AL TORINO: IL CALCIO SENZA SENSO. “Così non va, meglio la tv”, la conclusione del regista-tifoso deluso dall’impatto emotivo e visivo del ritorno allo stadio. Il calcio dei mille e non uno di più sparpagliati sugli spalti, sotto osservazione costante, è un calcio da “1984” senza più un senso, da profezia apocalittica. Papu Gomez e soci non sono bastati a indorare la pillola amara.
Ma allo stadio , oltre ai giornalisti richiedenti , non erano stati autorizzati ad entrare come spettatori solo i medici ,gli infermieri e in genere gli appartenenti al settore sanitario?
O d ora in avanti l essere registi cinematografici comportera lavorare nei pronti soccorso o negli ospedali?
Beato lui si è sicuramente divertito