Il segreto delle vittorie e delle goleada della Dea risiede tutto nella coralità del suo lavoro di squadra
C’era una volta una squadra nerazzurra in cui andavano in gol- a spizzichi e bocconi-solo alcuni dei suoi giocatori, nessuno dei quali però aveva per nome ‘Duvan Zapata’. Eppure, il giocatore più pagato della storia della Dea, in tutte le interviste ripeteva convintissimo che il suo obiettivo concreto rimanevano i 12 gol in A.
CHIAVE VINCENTE. Preliminari a parte, la pantera è rimasta a zero per tanto, troppo tempo e se oggi è a -2 dall’obiettivo è perché qualcosa è cambiato psicologicamente, non solo in lui, ma in tutta la squadra. La forza, la fame, la potenza nei tiri è tutta nuova: parte dalla testa e arriva dritta ai tacchetti. Ma è anche merito di un Papu– leader che ha saputo ricreare il feeling giusto dei tempi d’oro con l’orsetto che oggi è alla Spal.
DA PETAGNA A ZAPATA. Quell’affinità magica, e a tratti unica, con l’ex Petagna, oggi si respira di nuovo in campo con Zapata, quando la pantera solleva in aria il folletto e lui tenta invano di ricambiare. Anche Barrow si è ben inserito in questo triangolo d’attacco: non è il terzo incomodo, non è il classico candelino antagonista e concorrente, ma la miccia che serve comodamente cross e spinte. Utile, anche quando parte dalla panca. E ora che il trauma– non post partum, ma post ritornum dall’Uefa- è superato, testa e gambe collaborano.
LAVORO DI SQUADRA. E persino i difensori sono tornati a far male anche sotto porta. Insomma, la forza dell’Atalanta è data senz’altro dal suo amalgama, il lavoro di squadra di tante singole pedine che rincorrono il loro personale scacco matto. Mangiandosi, nel tragitto, re e regine della Serie A.