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Spagnolo: “Percassi grande uomo. Aiuteremo questa terra a rinascere, l’Atalanta ci sarà”

L’ormai storico dirigente nerazzurro ha rilasciato un’intervista a Prima Bergamo per celebrare i dieci anni di presidenza di Percassi

3 giugno: data in cui Antonio Percassi compie dieci anni da presidente nerazzurro. Roberto Spagnolo ha rilasciato a riguardo un’intervista su Prima Bergamo per parlare di questo traguardo e di altri temi atalantini: “Percassi? Un grande uomo. Ma non sono io a dirlo, sono i fatti. Sa capire e arrivare prima degli altri in qualsiasi situazione e su qualsiasi problema”.

SPAGNOLO E LA DEA. “La mia storia con i nerazzurri iniziò nel 2005, con Ivan Ruggeri. Era un impegno part-time. Prima della fine della stagione 2009/2010 avevo comunque rassegnato le dimissioni. Conoscevo Percassi perché stavo lavorando per loro al grande centro commerciale che hanno costruito in Sicilia. Quando chiuse la trattativa con i Ruggeri, Percassi mi chiamò e mi disse se ci potevamo vedere a Zingonia: era il 4 giugno 2010, da poche ore l’Atalanta aveva cambiato proprietà e io venni subito coinvolto”.

LUCA PERCASSI. “Luca è cresciuto in simbiosi col papà, finché a un certo punto il presidente ha visto che aveva capacità di manager, oltre a essere un intenditore di calcio. E gli ha dato grande spazio. Differenze tra loro? Antonio è un intenditore di calcio, ma ancora più un tifoso; Luca è più freddo, meno emotivo, ma capisce altrettanto il calcio”.

COVID. “Un po’ di delusione rimane dopo Valencia, ma la tragedia che è successa nella Bergamasca mette tutto in secondo piano. Il Covid ha portato anche tra noi tristezza e sofferenza, abbiamo perso collaboratori e familiari di dipendenti. Tutti i giorni Percassi mi diceva: “Non è possibile” e lo sentivo spegnersi. Adesso va molto meglio. Ora c’è l’occasione di aiutare questa terra a rinascere e l’Atalanta ci sarà. Stiamo pensando di dare qualcosa ai bergamaschi perché tornino, magari con le famiglie, allo stadio”.

SCARAMANZIA. “I Percassi sono molto scaramantici. Dal posto in tribuna vuoto vicino al presidente alla continua verifica della posizione in classifica (“Ma siamo salvi? Matematicamente?”), fino al fatto che da dieci anni sono io ad andare a prendere il figlio Luca a casa prima di ogni partita. Sono tutti dei riti, guai a rinunciarci”.

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