Le famose palle inattive? Importanti, certo. Lo dimostra da dove è venuto il lampo di Mancini domenica scorsa per avere la meglio su un Chievo da autoparco di pullman davanti all’aerea. Ma senza la sponda di Cristante, quindi non un assist diretto (di Ilicic dalla bandierina), nisba. Non sono una voce così fondamentale come si crede. A meno che 11 gol sui 35 segnati in campionato non siano considerati una percentuale da record. Di sicuro non preponderante, se si osservano i molteplici modi con cui l’Atalanta la butta dentro. Primo, perché non è che piovano dal nulla: sono sempre e comunque figlie di azioni stroncate in maniera lecita oppure no. E c’è dietro spesso l’elaborazione complessa del singolo schema.
Meno di un terzo delle marcature, dunque, non una realtà così eclatante. Comunque non tanto da costituire una via di fuga sicura, della serie in caso di emergenza rompere il vetro. Tra le situazioni inattive ci sono ovviamente anche i tre penalty infilati, quelli di Gomez al Chievo (contatto Tomovic-Orsolini) e al Crotone (Pavlovic-Caldara) e di Ilicic alla Lazio, senza contare quelli sbagliati dal Papu (recidivo, vedi Liverpool e Juve, anche nelle due coppe) con la Fiorentina (ostruzione di Pezzella su Ilicic) e da Cristante a Udine (autoprocurato, Maxi Lopez).
4 i palloni messi nel sacco sugli sviluppi di un calcio d’angolo, tra cui l’ultimo citato in premessa, ma l’unico da bonus per il fantacalcio a rigore dovrebbe essere stato solo quello del numero 10 argentino a Napoli per la fronte piena di Cristante. Con il Crotone a Bergamo, infatti, decisiva la spizzata di Petagna per l’ascensore di Mattia da Scanzo; idem il piattone del pordenonese alla Spal, servitogli da Toloi raccogliendo la respinta di Vicari sul corner del Papu. Una palla in uscita bella e buona, indice di una gestione cinica e razionale degli episodi e non della mera esecuzione del nemico a fucile in mano in assenza di ostacoli davanti.
Spicca, oltretutto, lo zero assoluto in termini di punizioni insaccate. Vale quanto fatto notare sopra: sono la miccia, ma va attizzata con polso fermo e fuoco. Caldara con i bianconeri: tap in sulla presa imperfetta di Buffon da calcio franco del capitano, sui cui era franato Bernardeschi; ancora Bryan il pordenonese col 4 sulle spalle al Milan, piazzato del Papu (bravo ad allargarsi verso destra chiamando il fallo a Cutrone) e cabezazo del perno bergamasco con smanacciata tragica di Donnarumma; Masiello contro Genoa e Sassuolo in trasferta, svettando sulle parabole al bacio di Ilicic.
Ciò detto, i nerazzurri sono una compagine che in porta ci arriva comunque tirando con una certa accuratezza. Lo dimostrano i 250 passaggi chiave, di cui 29 trasformati in assist dalla successiva realizzazione: 6 a testa per i due fantasisti, 4 per Petagna e Toloi, la metà di Freuler e Spinazzola, uno per Hateboer (alla lontana, per lo slalom del mancino sloveno ai Pitagorici), Castagne, Gosens, Cornelius e Cristante. E i 121 tiri nello specchio sui 236 totali. Curiosità ulteriore: lo spicchio di porta preferito è l’angolino sinistro (cioè alla destra del portiere), bucato 16 volte su 35; seguono il destro (8), il “sette” sinistro, la parte alta e quella bassa centrale (3) e sotto l’incrocio destro. Questa la suddivisione per articolazioni o parti del corpo usate: piede destro 15 (4 Cristante, 3 Gomez, 2 Freuler, Ilicic e Kurtic, 1 Caldara e Petagna), sinistro 12 (Ilicic 5, Cornelius 3, de Roon, Freuler, Gomez e Petagna 1), testa 7 (Cristante 3, Caldara e Masiello 2), petto 1 (Mancini).
