
Calcioscommesse da cinque anni e mezzo di stop, fine della carriera e giù dal trono della Bergamo calcistica. Auguri a Doni, bandiera sostituita dal Papu sul pennone
Anzitutto, i numeri da record: 112 palloni nel sacco in 323 partite, nessuno come lui nella storia dell’Atalanta. Da Bortolo Mutti a Stefano Colantuono, passando per Giovanni Vavassori, una coda di Giancarlo Finardi avvelenata dai playout persi con la Reggina e Gigi Delneri, il padrone nerazzurro era lui, l’uomo che soltanto nella stagione della risalita in A poté vivere sul campo la transizione societaria dai Ruggeri ai Percassi. Poi, quelli di una vergogna mai cancellata: cinque anni e mezzo complessivi di pena, sportiva s’intende, per Scommessopoli. C’è racchiusa tutta la storia di Cristiano Doni, a cui oggi, mercoledì primo aprile, vanno gli auguri per i suoi 47 rintocchi d’anagrafe. Il re di Bergamo prima del Papu Gomez e di Gian Piero Gasperini. Detronizzato dai retroscena emersi dall’estate del 2011, quando durante il ritiro di Rovetta il numero 72 (o 27) più famoso tra il Brembo e il Serio firmava ancora autografi e si lasciava fare le foto ricordo coi tifosi. Il vaso di pandora? Atalanta-Piacenza del 19 marzo 2011.
DONI, IL FANTASISTA CHE VENNE DA BRESCIA. Giunto a Bergamo in B nel 1998 direttamente da Brescia, Doni, nato a Roma e cresciuto a Verona, anche se la comproprietà dei Bagni del Sole di Cervia – uno degli epicentri del totonero – ne ha fatto un romagnolo onorario, non riesce a trascinare al primo colpo alla promozione la squadra del trescorese. Ce la farà col Vava da Arcene per andarsene alla Sampdoria nel 2003, in seguito agli spareggi salvezza, l’anno dopo i Mondiali trapattoniani di Corea del Sud e Giappone in cui assomma nel gironcino due delle sette presenze totali in azzurro (1 gol al Sol Levante nell’amichevole del 7 novembre 2001).
DONI TRA RECORD E SCOMMESSE. Due stagioni sotto la Lanterna, una a Mallorca dove dal 2012 ha un chiringuito in spiaggia ed ecco il rientro alla base, per riportare al piano di sopra l’undici che il Cola cederà poi al Baffo di Aquileia, a sua volta seguito da Angelo Gregucci, Antonio Conte, Valter Bonacina e il redivivo Lino da Trescore, quattro profeti mancati per l’ultima e la più cocente delle cadute in cadetterìa. Torna il pelato di Anzio ed è di nuovo massima serie, ma il primo giugno 2011 nella lista degli indagati di Last Bet dalla Procura di Cremona c’è anche il nome di Cristiano Doni. Nel precampionato tra Castione e Rovetta, il capitano, cittadino benemerito di Bergamo dal 4 dicembre 2008, sembra tranquillo, come sempre si concede al bagno di folla. Il 26 luglio il deferimento alla procura della Figc, il 3 agosto la richiesta di 3 anni e mezzo da Stefano Palazzi, il 9 la sentenza della Commissione Disciplinare. Il resto è storia, inutile farne la necroscopia. 112 palloni in porta in maglia Atalanta in 323 presenze, nessuno come lui. Anche nel deludere il pubblico che era ai suoi piedi.
I DATI. Nato nella Capitale il primo aprile 1973, Doni cresce nel Crazy Colombo di Verona e termina le giovanili nel Modena, con cui però non riesce a esordire in B. Da atalantino, arrivato come esterno alto, si trasforma in rifinitore. La sua carriera si dipana dal 1992 in avanti: Rimini, Pistoiese (nell’autunno del 2000 verrà sfiorato da un primo illecito, da ex, in Coppa Italia insieme ai compagni Sebastiano Siviglia, Luciano Zauri e Fabio Gallo, per l’1-1 del 20 agosto: ammise poi che era stata combinata), Bologna e il seguito che conoscete. Tanti auguri lo stesso, anche se i sogni fatti vivere ai tifosi sono finiti in un incubo da rimuovere chiudendolo in un vecchio baule in soffitta.
